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Amianto. Sentenza. INPS

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Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile Ordinanza del 6 maggio 2009, n. 10437

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente
Dott. BATTIMIELLO Bruno - Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere
Dott. TOFFOLI Saverio - rel. Consigliere
Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere
ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, avvocato Sa. Gi. Pa. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
CO. PA. ;
- intimato -
avverso la sentenza n. 7820/2006 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI del 28/11/06, depositata il 22/12/2006;
e' presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO.
MOTIVI
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c. a seguito di relazione ex articolo 380-bis.

L'impugnata sentenza della Corte d'appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto di Co. Pa. alla maggiorazione contributiva del 50% per esposizione all'amianto, prevista dalla Legge n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, in riferimento a tutto il periodo lavorativo sottoposto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, una volta accertata l'esposizione ultradecennale all'amianto. La Corte infatti, riferito che l'Inps aveva lamentato il riconoscimento di periodi non certificati dall'Inail e non sottoposti ad assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, e la mancata considerazione della giurisprudenza in merito alle necessarie soglie di esposizione all'amianto, e ribadito che il giudice di primo grado aveva limitato il riconoscimento ai periodi sottoposti ad assicurazione specifica, rilevava che l'Inps non aveva formulato censure puntuali relativamente all'accertamento compiuto dal giudice di primo grado anche riguardo al superamento della soglia in questione.

La Corte di merito riteneva che il beneficio di legge dovesse riguardare il periodo lavorativo assoggettato all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali nella sua interezza.
L'Inps propone ricorso per cassazione, corredato di specifico quesito, con cui censura la pronuncia d'appello invocando il principio di diritto secondo cui la rivalutazione del 50% si applica solo al periodo contributivo durante il quale vi e' stata la richiesta esposizione alle fibre di amianto aerodisperse. L'intimato non si e' costituito.

Il ricorso deve ritenersi manifestamente fondato.

La giurisprudenza della Corte ha ripetutamente enunciato fin dalla sentenza 3 aprile 2001, n. 4913 (e, successivamente, tra tante, 27 febbraio 2002, n. 2926, 15 maggio 2002, n. 7084, 11 luglio 2002, n. 10114, 12 luglio 2002, n. 10185, 23 gennaio 2003, n. 997; 29 ottobre 2003, n. 16256; 13 febbraio 2004, n. 2849), il principio secondo il quale l'attribuzione dell'eccezionale beneficio della rivalutazione contributiva di cui alla Legge 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma 8, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal Decreto Legge 5 giugno 1993, n. 169, articolo 1, comma 1, e dalla successiva Legge Conversione 4 agosto 1993, n. 271, presuppone l'adibizione ultradecennale del lavoratore a mansioni comportanti, per il lavoratore medesimo, un effettivo e personale rischio morbigeno, tale da costituire un pericolo concreto per la salute a causa della presenza, nei luoghi di lavoro, di una concentrazione di fibre di amianto superiore ai valori limite indicati nella legislazione di prevenzione di cui al Decreto Legislativo 15 agosto 1991, n. 277, e successive modifiche. Si e' osservato tra l'altro che, se si ha riguardo alle altre misure di sostegno apprestate per i lavoratori nelle varie disposizioni dello stesso articolo 13, appare piu' che giustificata, per coloro che siano stati semplicemente esposti all'azione della sostanza nociva, la necessita' di una doppia "soglia" (riguardante cioe' sia la durata che la intensita' della esposizione) di accesso al beneficio previdenziale, tenuto conto della diversita' del rischio che, nel caso considerato dal comma 8, e' solo eventuale, mentre e' certo e ormai verificato nel caso (della malattia professionale) previsto dal comma 7, ed e' ancora eventuale ma con probabilita' massima di manifestazione nel caso (dei lavoratori delle miniere o delle cave di amianto) descritto nel comma 6; che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 5 del 2000, ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalita' dell'articolo 13, comma 8 - sollevata (anche) sotto il profilo che la mancata determinazione del fattore rischio, cioe' della misura di esposizione rilevante, avrebbe portato, in violazione dell'articolo 3 Cost., a trattare in maniera uniforme situazioni di concreto pericolo e non - proprio in base ad un'interpretazione della norma atta a escludere l'intento di introdurre una indiscriminata rilevanza di qualsiasi tipo di esposizione, anche minima, purche' protrattasi per oltre dieci anni, presupponendo la norma stessa, invece, il superamento di una specifica soglia di rilevanza del rischio (quella appunto indicata dal Decreto Legislativo n. 277 del 1991 e successive modifiche), in quanto tale da connotare le lavorazioni di qualificate potenzialita' morbigene; che la necessita' di subordinare l'applicazione della tutela alla presenza di un simile, piu' concreto rischio morbigeno, il rischio, cioe', per il lavoratore "esposto" di subire danni all'organismo per la obiettiva, qualificata, pericolosita' dell'attivita' lavorativa svolta, e' stata ribadita da C. cost. n. 127 del 2002 ed ancora il giudice delle leggi, nell'escludere che le provvidenze in questione abbiano carattere risarcitorio-indennitario per i lavoratori comunque esposti all'amianto, ha ravvisato la ratio del beneficio nell'intento di favorire il raggiungimento del diritto alla pensione per i lavoratori coinvolti nel processo di dismissione delle lavorazioni comportanti l'uso dell'amianto (C. cost. n. 369 del 2003), confermando cosi' la necessaria rilevanza di un'esposizione "qualificata".

La suddetta interpretazione e' stata poi sostanzialmente presupposta nei successivi sviluppi legislativi che hanno modificato la disciplina del beneficio in questione (Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 47, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326), peraltro inapplicabili alla controversia ratione temporis.

Sulla base di questi principi questa Corte ha ripetutamente ritenuto che l'articolo 13, comma 8, attraverso la convergenza degli ordinari criteri ermeneutici (letterale, sistematico e teleologico), deve essere interpretato nel senso che per "intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'Inail" deve intendersi quello, necessariamente superiore ai dieci anni, connotato dal rischio morbigeno come sopra definito, restando esclusi i periodi lavorativi diversi (cosi' la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte: tra tante, Cass. sent. n. 517 del 2007, n. 27111 del 2006, n. 1140 del 2005, n. 21667 del 2004, n. 4950 del 2002).

In conclusione il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice (la stessa Corte in diversa composizione), che si atterra' al gia' riportato principio di diritto e provvedera' anche alla regolazione delle spese del presente grado.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione.